Come evolve il lavoro dopo il Covid-19

Nel periodo di lockdown abbiamo visto diverse imprese proseguire la loro attività con il lavoro in remoto, una modalità che in alcuni casi sarà confermata anche per il futuro e, in altri, muterà a favore dello smart working.

L’Italia riparte, ma il lavoro dopo il Covid-19 non è più lo stesso. Nuovo mindset per imprenditori e manager che sono stati chiamati a ripensare l’assetto organizzativo delle aziende. Un cambiamento che diventa opportunità per creare le competenze utili per costruire le basi di un percorso di innovazione.

Le aziende, infatti, hanno impresso una decisa accelerazione verso l’evoluzione digitale con l’obiettivo di dar vita a strutture più agili in grado di gestire questa metamorfosi, nell’ottica dello sviluppo.

“Il tempo della ripartenza è caratterizzato da scenari incerti che richiedono rapidi cambiamenti sociali, culturali e politiche aziendali sottolineate da una brand purpose responsabile e sostenibile.” dichiara William Griffini, CEO di Carter & Benson che nella sua società di head hunting ha già adottato un approccio di questo tipo. “Il modo di lavorare al quale le aziende vanno incontro è figlio di questo tempo e di un cambiamento che vede l’upgrade digitale come principale elemento di innovazione. Un contesto complesso che richiede nuove competenze e che molto spesso evidenzia una diffusa criticità nelle organizzazioni relativamente all’uso della tecnologia. Per questo ritengo sia necessario migliorare, a qualsiasi livello e ruolo aziendale, gli skill in campo informatico, per dare al lavoro più fluidità, immediatezza, qualità ed efficacia.

Anche le nuove modalità di relazione e condivisione con il team non sono scevre da problematiche, poiché spesso mettono in difficoltà i manager nel riuscire ad affermare la propria leadership.

In questa fase delicata servono una resilienza manageriale più forte e la capacità di agire in empatia. Un team si governa in molti modi, con il linguaggio del corpo, con il carisma, con gli sguardi, con i gesti, con il rigore…ora, con la crisi, le regole del gioco sono cambiate. Call e webinar hanno modificato il modo di relazionarsi, ma mai come adesso serve ottenere e conservare fiducia, aumentare il coinvolgimento e aiutare le persone a imparare nuove forme di interazione e collaborazione. Per questo immagino il REMOTE LEADER come una nuova figura per supportare il manager nella relationship con il proprio gruppo di lavoro.”

La crisi porterà senza dubbio alla nascita di nuove professioni o all’evoluzione di quelle esistenti. Chiara Arosio, Principal di Carter & Benson “In questo periodo di grave emergenza, si sono aperte nuove posizioni per quanto riguarda il settore socio-sanitario, per far fronte alle carenze che la situazione ha evidenziato.  Ma c’è un altro ambito che offre opportunità, quello dell’Information Technology, per la scelta che molte aziende hanno fatto di virare o implementare la loro attività verso l’e-commerce, per aumentare l’offerta e creare nuove linee di servizio per il cliente.

Guardando invece alle funzioni interne delle medie e grandi imprese, penso che una di quelle che la pandemia ha riportato in primo piano sia il CRISIS MANAGER. In questi mesi, abbiamo toccato con mano come la realtà possa cambiare in modo repentino e quanto sia strategico non farsi trovare impreparati, da qui l’importanza di saper governare l’emergenza. Questa funzione ha però cambiato fisionomia, infatti, se prima del lockdown il CRISIS MANAGER era deputato prevalentemente a un ruolo istituzionale e di relazioni esterne, ora agisce molto più internamente nell’effettiva gestione della crisi, e si adopera perché il gruppo sviluppi una forma mentis che permetta il più facile adattamento a futuri scenari e la capacità di leggere il nuovo contesto, interagendo con esso.”

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