Mappare le competenze

Ridisegnare dinamiche e strategie all’interno delle imprese, governare i nuovi processi per trarne le migliori opportunità. La diffusione dello smart working come modalità ormai consolidata in diversi ambiti e ruoli, la digital transformation. Sono questi gli elementi del cambiamento che le imprese, alla luce della situazione attuale, stanno vivendo. Situazioni che hanno subito un’importante accelerazione e nelle quali le competenze possono rappresentare la vera chiave di volta. Ma cosa significa mappare oggi le competenze? Ne parliamo con Giovanni Carbone, Partner di Carter & Benson.

Mappare le competenze in un mercato così mutevole è una bella sfida per i responsabili delle risorse umane, ma anche per noi che ci occupiamo principalmente di headhunting.

Le nuove modalità di lavoro che si stanno affrancando (lo smart working su tutti), l’impatto delle nuove tecnologie e dello sviluppo digitale, hanno creato la necessità dell’evoluzione dei ruoli, del cambiamento di responsabilità/attività di figure già esistenti nell’organico delle aziende e dell’inserimento di nuove professionalità.

La ricerca di persone con competenze che rispondano ai nuovi scenari non è facile e richiede una rapida reattività e adattamento delle imprese. E l’esperienza ci insegna quanto siano diventate importanti le soft skill rispetto alle hard skill. In un mondo in continua evoluzione, infatti, sarà sempre più importante essere flessibili, proattivi ed essere in grado di continuare ad apprendere e di mettersi costantemente in gioco.

Anche gli strumenti di mappatura utilizzati debbono essere allineati al cambiamento

Oggi, gli strumenti di assessment che utilizziamo in Carter & Benson (per la mappatura delle skill per i quali siamo certificati) prevedono un mix di modalità di valutazione che ci mettono nella condizione di poter definire i profili attraverso differenti punti di vista. Un approccio che consente di personalizzare l’assessment scegliendo di volta in volta gli strumenti più indicati per consegnare una foto precisa della persona, della situazione del team e degli ambiti nei quali potrebbe essere necessario intervenire.

Tra le nuove modalità per effettuare gli assessment c’è anche la gamification sia perché più vicina agli approcci e alla cultura delle nuove generazioni, sia perché può offrire una modalità di valutazione più serena e scevra da condizionamenti e ansie che inevitabilmente ogni processo di valutazione comporta.

Qualche riflessione di fronte a quello che si può definire un cambiamento epocale

Nelle imprese sta avvenendo una profonda trasformazione, assimilabile a ciò che è accaduto negli anni 90 quando si è passati dall’avere sulla scrivania solo un telefono a servirsi di un computer. Qualcosa che era cominciato prima della pandemia, ma che ha subito una fortissima accelerazione. La digitalizzazione ha mutato gli equilibri, il lavoro in presenza non costituisce più una certezza/necessità per le aziende, così come tende ad essere meno sentita la fedeltà all’impresa da parte dei dipendenti. Tutto è diventato più volatile. Nella scala dei valori, soprattutto nelle fasce dei più giovani, capita sempre più spesso di rilevare che il benessere personale sia prioritario rispetto alla carriera. Questo “new normal” con il quale tutti ci stiamo misurando, ci mette di fronte all’esigenza di rigenerare un meccanismo di reciproco accordo di continuità e sicurezza tra le parti. Ma è difficile, perché lo scenario al quale andiamo incontro è più frastagliato. Al lavoro da dipendente, infatti, si alternano occupazioni da libero professionista e anche la permanenza nelle aziende ne risente. Tutto questo va certamente ad incidere sulla storia professionale dei candidati. Se oggi, una persona senior con una posizione manageriale può vantare elementi fortemente indicativi quali un percorso stabile e competenze tangibili, diverso sarà immaginare la storia di coloro che dovremo valutare tra 10/ 15 anni.

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