Nuovi modelli di leadership

Smart working e remote work sono modalità di lavoro sempre più comuni nelle aziende. Ma come si esprime la leadership, come cambia?
La riflessione di William Griffini e Chiara Arosio, rispettivamente CEO e Principal di Carter & Benson, e…qualche domanda…

Smart working e remote work hanno imposto riflessioni che, rimaste molto teoriche e per “addetti ai lavori”, hanno poi avuto un’accelerazione generata dall’emergenza sanitaria. Si era e si è in una fase di identificazione di strumenti organizzativi sempre più evoluti che consentano di ottimizzare i processi e che richiedono, a tutti i livelli, più flessibilità e disponibilità nella gestione delle attività e nella guida dei team.

William Griffini: Lo smart working, indipendentemente dal periodo di emergenza e di post lockdown, offre certamente la possibilità di migliorare l’equilibrio tra vita privata e lavorativa, aumenta la soddisfazione del dipendente e rappresenta una delle principali leve d’ingaggio richieste dai lavoratori. La struttura organizzativa piramidale è oggi sostituita dalla cultura del team, della collaborazione e dell’empowerment cioè quel processo capace di liberare il potenziale personale e professionale di ogni individuo, sviluppando maggiore responsabilità e motivazione, per raggiungere obiettivi rilevanti per sé stessi e per l’azienda.
La tecnologia ci supporta e ci accompagna nella gestione dello smart working e del remote work, è un elemento imprescindibile dell’evoluzione aziendale e, in questi mesi, è stata ed è anche una condizione necessaria per proteggerci e continuare a gestire le nostre attività e relazioni. Ma il lavoro agile o da remoto richiede anche un diverso stile di leadership anche per quelle aziende che sino ad ora hanno mantenuto fede a schemi che oggi dimostrano senza dubbio di essere estremante limitati e desueti.
Infatti, e non certo dall’inizio del lockdown, bensì già in precedenza, nella quotidianità lavorativa sono diventati saltuari gli incontri, le relazioni interpersonali, le strette di mano, ovvero quei momenti di scambio spontanei e non codificati in momenti istituzionali (riunioni e quant’altro.)
La non presenza fisica ha quindi modificato sia la relazione del manager con il suo team, rendendola più rarefatta, sia quella del team con la persona di riferimento e con gli altri membri del team stesso, rendendo difficile la possibilità di confronto e di apprendimento anche per “osmosi”.

Chiara Arosio: Nel lavoro a distanza la capacità di motivare gli individui a raggiungere un determinato obiettivo, comune e condiviso, vede da parte del leader la necessità di avere un differente modo di pensare, agire e reagire, per continuare ad essere leader senza rischiare di diventare solo un comandante, per farsi ascoltare e seguire in modo attivo, creando effettiva interazione e promuovendo la creatività.
Fiducia reciproca e non controllo: il manager deve essere capace di uno stile di leadership che si espliciti nell’ascolto attivo, nello sviluppo delle competenze, nella capacità della delega e nel lasciare i membri del team liberi di gestire il delicato equilibrio tra vita professionale e personale; il lavoratore, dal canto suo, deve mantenere una comunicazione aperta e continua e una forte determinazione nel raggiungere gli obiettivi secondo le tempistiche stabilite.

Se è vero che il leader è qualcuno da emulare e nel quale identificarsi, un mentore che, con il suo esempio, riesce a far emergere non solo le abilità ma anche la parte migliore di ogni elemento del proprio team, non possiamo esimerci dal porci degli interrogativi: siamo sicuri che inventando modalità creative che immediatamente diventano “cult”, quali ad esempio il south working, un leader possa dalla spiaggia coinvolgere, motivare e guidare il suo team?

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