Intervista ad Eugenio Payer, Partner di Carter & Benson Executive Search
A cura di Beatrice Maria Corte
E’ una parola “di tendenza”, un neologismo che si ripresenta insistentemente da qualche anno: ma siamo sicuri di averlo capito? La Digital Disruption sta avendo un nuovo ed importante impatto sulla società e sulla popolazione in particolare: sta cambiando il modo di comunicare fra le persone e le aziende; sta trasformando il modo di fare businessall’interno delle aziende stesse e rivoluzionando le modalità di acquisto di un prodotto o di un servizio specifico. In generale, sta avendo un impatto dirompente in diversi ambiti: Economia, intesa come modello economico, Social Innovation (Social Networks), Big Data (raccolta di dati e ricerca) e Leadership (creazione di nuovi punti di vista). Basti pensare alle nuove figure emergenti come gli Influencer che, senza particolari titoli, hanno la capacità e l’abilità di coinvolgere e trascinare la Community attraverso i social media.
La Digital Disruption è indubbiamente un fenomeno più che mai attuale: ci espone il suo punto di vista Eugenio Payer, Partner di Carter & Benson ed esperto del mondo E-Commerce e Digital.
Che cosa si intende esattamente per Digital Disruption?
“Digital Disruption indica il momento in cui una nuova tecnologia origina il cambiamento di una determinata attività e modifica completamente il modello di business precedente”. Così l’ha definita Clayton Christensen, il professore di Harvard che ha coniato il termine. In pratica, si tratta del cambiamento e dell’innovazione che avvengono nel momento in cui le nuove tecnologie digitali e i modelli di business che ne derivano, influenzano il valore aggiunto di prodotti e servizi esistenti rovesciando i tradizionali rapporti di forza sul mercato. In breve, il termine potrebbe essere tradotto consconvolgimento digitale. Per fare un esempio sintetico: competitor che diventano partner e fornitori che si rivelano invece pericolosi rivali…
Come stanno cambiando le organizzazioni aziendali e perché è importante oggi, per un’azienda, essere disruptive?
La disruption è un atteggiamento mentale di ricerca di elementi innovativi nella tecnologia che non diano soltanto un semplice vantaggio competitivo ma che ridefiniscano completamente le regole di un determinato settore, spiazzando la maggior parte dei competitor presenti sul mercato. Basti pensare a come Uber, Instagram e Airbnb hanno rivoluzionato completamente i business in cui operano, dimostrando che nessuna tecnologia è definitiva, ma può sempre essere superata rapidamente da tecnologie e modelli più recenti ed innovativi…
E chi non sta al passo con l’innovazione…?
In qualsiasi settore, chi non sta al passo con l’innovazione, è destinato con tutta probabilità a perdere posizioni competitive e a scomparire dal mercato.
In che senso le nuove tecnologie digitali influenzano il modo di fare business? A che tipo di mutamenti stiamo assistendo?
Organizzazioni e mercati stanno indubbiamente vivendo un’epoca di Disruption Digitale ed organizzativa senza precedenti: interi modelli di business consolidati sono stati scardinati in breve tempo.
Avete presente le dinamiche che stanno dietro al punto vendita tradizionale? Quelle dettate dagli approvvigionamenti di inizio stagione in base alle personali proiezioni di vendita, le promozioni dei prodotti in vetrina, gli inventari e i riassortimenti effettuati in base all’esperienza ed infine i saldi a fine stagione per gli articoli invenduti? Ecco, potremmo assistere in parte alla scomparsa di tutto questo.
Di fatti, la rivoluzione digitale sta apportando cambiamenti profondi e radicali, in tanti settori, agendo ad una velocità impressionante. Aziende che fino a pochi anni fa occupavano solide posizioni di leadership sul mercato sono state travolte da nuovi elementi che hanno dato vita a modelli digitali innovativi, “distruttivi” di quelli esistenti. In effetti, la Digital Disruption si sta affermando come un motore di cambiamento per tutte le aziende, ed impone un ripensamento generale del modo di stare sul mercato anche per le piccole e medie imprese attive nei settori tradizionali dell’economia.
In breve, quali ripercussioni potrebbero verificarsi sul mercato?
A mio avviso, circa il 40% degli incumbent potrebbe essere destinato a perdere l’attuale posizione dominante ed una maggiore concorrenza farà contestualmente emergere nuovi giganti…
Ci può fare qualche esempio pratico?
Nel campo delle vendite, mi viene subito in mente Amazon: a come ha rivoluzionato i canali di distribuzione e molti dei vecchi operatori, disorientati, sono finiti ai margini del mercato.
Pensando alla fruizione dei contenuti via web, sono indubbiamente da citare colossi come Apple e Netflix, che hanno trascinato verso un’inevitabile fine un big tradizionale come Blockbuster, leader globale nel settore dell’entertainment fino a quel momento. In pochi anni, Blockbuster è stato letteralmente spazzato via dal mercato, non avendo compreso il repentino e profondo cambiamento di regole e logiche in corso, che ha reso il noleggio fisico velocemente superato a fronte della più efficiente “fruizione in streaming” dei contenuti. Nel segmento dei trasporti e degli alloggi, mi vengono in mente rispettivamente Uber e Airbnb, che hanno sconvolto e ridisegnato i canoni tradizionali del settore.
Quindi, questo cambiamento riguarda un po’ tutti gli operatori di business?
Certamente. E non solo quelli più esposti sul fronte IT. Il fiorire di start-up in tutti i settori accresce la concorrenza ma in genere le nuove aziende nascono già in principio con una natura digitale, mentre per le organizzazioni da tempo sul mercato non è così facile ed immediata la conversione verso i nuovi modelli e per loro esiste il rischio di non riuscire a stare al passo con le nuove regole che governano il mercato.
Come saranno influenzate e interessate le risorse umane da questo cambiamento? Che ruolo avranno in azienda?
E’ necessario coinvolgere le persone nel cambiamento, condividere le azioni future e riconsiderare totalmente l’organizzazione ed i processi. Inoltre, la digitalizzazione non sta solo apportando radicali trasformazioni nei diversi settori, sta sempre più sfumando i confini esistenti. Come spesso accade nelle fasi successive ad un profondo cambiamento, serpeggia molta incertezza, soprattutto riguardo all’organizzazione delle risorse umane: impieghi e funzioni che cambiano, integrazione tra generazioni attraversate da culture digitali differenti, nuove professionalità, gestione del tempo rivoluzionata dalle nuove tecnologie. Il mondo delle imprese fa i conti con i cambiamenti di mentalità già in atto e con quelli a venire che porteranno necessariamente all’introduzione di nuovi modelli operativi gettando ulteriori incertezze su ruoli, competenze, leadership, management e gerarchie consolidate.
Le imprese hanno il loro DNA nelle risorse umane ed in base a come saranno valorizzate in quest’epoca di trasformazione digitale, dipenderà il futuro andamento del business. Le risorse umane restano infatti l’elemento chiave che farà la differenza: comprendere le persone che lavorano in azienda e saper utilizzare al meglio, ed in modo adeguato, il loro potenziale acquisterà sempre più importanza dal punto di vista strategico.
A Suo avviso, in che modo la Digital Disruption influenzerà il mondo dell’occupazione?
La Digital Disruption è un fenomeno a due facce. Da un lato, l’innovazione potrebbe portare ad una distruzione di posti di lavoro nel medio termine, ma come è accaduto in precedenza in tutte le fasi di trasformazione tecnologica, si potrebbe assistere alla creazione di nuove opportunità di lavoro per gli esclusi. E’ opinione abbastanza comune che nei prossimi 5 anni fattori tecnologici e demografici influenzeranno profondamente l’evoluzione del mondo del lavoro. La Disruption sarà largamente tangibile, non solo nei modelli di business, ma anche nel mercato del lavoro. Si prevedono di conseguenza significativi cambiamenti nelle skill necessarie per fronteggiare questo nuovo contesto mondiale.
Quali sono quindi le nuove professioni che stanno emergendo maggiormente in questo scenario?
La rivoluzione digitale ha portato indubbiamente alla nascita di nuove figure professionali che stanno sostituendo via via quelle più tradizionali e che richiedono competenze sempre più verticali e specializzate.
Una delle professioni più richieste è il Community Manager, in breve la figura che ha il compito di gestire e moderare una community online; o il Digital Strategist, che si occupa di sviluppare efficacemente una strategia di promozione di eventi, servizi o prodotti sulla rete; o ancora il Digital PR, che crea una relazione con i protagonisti del web, tra cui gli Influencer, i Community Manager, gli Stakeholder, i Blogger e i Giornalisti. Un’altra nuova forma professionale emergente è il Data Scientist, una figura in grado di analizzare grandi quantità di dati per renderli utilizzabili nei processi decisionali delle organizzazioni.
Ha fatto cenno alla necessità di possedere skill diverse per far fronte al cambiamento, in conclusione, quali nuove competenze serviranno?
A fronte di un mercato del lavoro in difficoltà, le aziende oggi sono alla ricerca di nuove figure per supportare lo sviluppo del business. A mio avviso, per partecipare attivamente all’innovazione in atto è indispensabile possedere le cosiddette digital soft skills, ossia quelle abilità generali – non necessariamente competenze tecniche da informatici – che permettono di sfruttare al meglio le opportunità che il Web offre. Per gestire multicanalità, digitalizzazione, virtualizzazione, cloud, mobile, social, Big Data servono nuove skill, sempre più interfunzionali, crossmediali e multidisciplinari.
In conclusione, Mondo Digitale e Mondo Reale non sono più da considerarsi due entità distinte: viaggeranno, infatti, sempre più sullo stesso binario.