Lockdown e la ripresa: un lavoro che dovrà essere smart, ma non senza relazione

Il periodo di lockdown ha imposto una grande trasformazione. Si è parlato spesso di smart working e il più delle volte impropriamente. Ora la ripartenza deve fare i conti con una situazione nella quale l’approccio al lavoro è completamente cambiato e richiede profonde riflessioni.

William Griffini, CEO di Carter & Benson, che ha da tempo introdotto lo smart working nella sua società di consulenza e head hunting, fa il punto sulla situazione che si è venuta a creare.

“Parto dal presupposto che il corretto bilanciamento fra tempo e vita sia necessario in ogni impresa. Credo che lo smart working serva come punto di equilibrio tra le responsabilità personali e quelle aziendali poiché offre la libertà e la flessibilità di scegliere dove e come svolgere le proprie attività nel rispetto degli obiettivi da raggiungere e delle proprie esigenze. Una soluzione che richiede al lavoratore più responsabilità e un rapporto con il manager che deve passare dal controllo alla fiducia.

Prima del periodo di emergenza sanitaria c’era un utilizzo opportunistico dello smart working da parte di dipendenti e aziende, un po’ per cultura, un po’ per i limiti organizzativi che ponevano i contratti.  Il Covid, invece, ha imposto un’accelerazione e ha costretto tutti a lavorare da casa, dimostrando che si può fare e che può esistere un’azienda anche senza spazi, ma evidenziando delle criticità.

In questi mesi di confinamento abbiamo confuso lo smart working con il lavoro da remoto. Impiegati e manager sono stati messi nella condizione di dover gestire la propria quotidianità entro le mura domestiche. Per molti ha significato mantenere un corretto equilibrio con le esigenze della propria famiglia, per altri la difficoltà di vivere un isolamento forzato.

Gli incontri, le strette di mano, il piacere di stare insieme, di condividere, le abitudini, i riti quotidiani prima di uscire di casa e affrontare la giornata…tutto saltato, nel nome del distanziamento sociale. Siamo stati costretti a rallentare, a cambiare la nostra quotidianità senza averlo scelto e se nelle prime settimane, poteva essere piacevole prendere le distanze dai ritmi incalzanti del lavoro, alla lunga questo ha aumentato la possibilità di generare stati di apatia, mancanza di incentivazione e di capacità di dare le giuste priorità. La ripartenza non può essere inficiata da questi elementi negativi poiché ripartire è ridare impulso al business coerentemente con le esigenze di innovazione del mercato, costruire un team efficiente e motivato, presidiare la propria posizione lavorativa.”

Non può esistere una socialità virtuale. Lorenzo Bassi – Principal di Carter & Benson e Membro dell’Osservatorio sullo Sport di AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) – sottolinea quanto emerso nel corso di alcuni recenti webinar “I manager che hanno partecipato ai webinar dell’Osservatorio AIDP hanno evidenziato come la distanza fisica tra colleghi sia il problema prioritario che causa difficoltà nelle relazioni. Loro per primi, in questo periodo, si sono sentiti isolati e meno reattivi nel gestire alcune problematiche, rilevando il malcontento da parte di alcuni dei membri dei loro team che hanno percepito una carenza in termini di supporto e comunicazione.

La tecnologia è pronta e aiuta, ma non basta. In questo contesto è difficile mantenere viva la cultura dell’azienda. Manca il concetto di insieme e manca la condivisione. Il problema si sposta su un piano sociologico, la distanza non fa bene all’armonia del gruppo di lavoro e limita la capacità creativa e propositiva poiché non dobbiamo dimenticare che è solo dal confronto che nascono le idee e dalle idee che nasce l’innovazione.

Oltre a questo si aggiungono anche problematiche di ordine fisico. Banalmente non avere i propri spazi, una sedia ergonomica, un monitor adeguato, non concedersi un vero e proprio stacco durante la giornata per mangiare o bere un caffè, non creano condizioni ideali per la salute del singolo.

Sulla ripartenza si passa da Twitter che offre ai propri dipendenti di lavorare in remoto a tempo indeterminato, a Google che riparte dopo l’estate con uffici e spazi più ampi per permettere il corretto distanziamento, oppure a Apple che riapre la sua nuova sede a Cupertino prevedendo un ritorno in ufficio già dal mese di luglio. Quel che è certo è che ogni impresa, piccola o grande che sia, dovrà ripensare al proprio modello organizzativo.”

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