Trend HR 2024: work life balance, smart working e flessibilità, inizia così un nuovo anno di lavoro

work life balance

Il mondo del lavoro è interessato da continui cambiamenti, ma anche nel 2024 i temi ricorrenti continuano ad essere gli stessi dello scorso anno. Flessibilità, settimana corta, smart working e grande attenzione al tanto desiderato bilanciamento tra lavoro e vita privata. Anzi si va anche oltre e per quanto riguarda quest’ultimo tema l’obiettivo è tendere al work-life integration. Ma di cosa si tratta concretamente? E le aziende, i dipendenti e i collaboratori sono davvero pronti a cambiare il modo di gestire il lavoro e la vita privata? Perché, come talvolta accade quando si parla di buoni propositi, la parte più difficile è perseguire gli obiettivi in modo coerente e soprattutto tradurre dei concetti in azioni concrete. Paliamo di questo argomento con William Griffini, CEO di Carter & Benson.

Le buone pratiche portate avanti nel 2023 e i bisogni del mondo del lavoro emersi lo scorso anno continuano ad essere i medesimi. Si richiedono sempre più flessibilità e strumenti per conciliare vita e lavoro, ma oggi è veramente possibile attuare nelle aziende una modalità lavorativa più smart e un vero bilanciamento tra lavoro e vita privata? Parlando di conciliazione è ancora più attuale il concetto di work-life integration, che cosa significa ed è davvero applicabile?

“Sì, questi sono temi molto attuali. Di work life balance si parla da tempo e credo che ormai ci siano le basi per poterlo attuare. Il lavoro oggi è sempre più in evoluzione, vengono richiesti spazi più accoglienti. La flessibilità e lo smart working sono diventati delle consuetudini e si comincia a parlare di “Work Life Integration”, dove la vita privata e il lavoro non sono più visti in modo distinto e in competizione, ma sono una cosa sola. Proprio per questo siamo tutti chiamati a fare un ulteriore passo in avanti. Un esempio? Una donna o un uomo che ha un impiego, qualsiasi sia il suo ruolo, dovrebbe godere di quella flessibilità necessaria per poter gestire con maggiore tranquillità il suo quotidiano (gestione dei figli, scuola, gestione dei genitori anziani, attività sportive o di wellness..), senza che il lavoro prevalga sul resto o senza dover rinunciare a una soddisfazione professionale per i troppi impegni personali. Ma tutto questo è possibile? E soprattutto in quante aziende c’è davvero un’integrazione tra il lavoro e la vita privata? Nonostante i buoni propositi, credo che per far sì che il lavoro venga vissuto senza dover fare rinunce e senza sensi di colpa che potrebbero derivare dal dover gestire anche delicati equilibri privati serva ancora molto tempo. Il motivo è che l’attuare il work-life integration non porta benefici misurabili in termini di guadagno economico. Credo però che lavorare in un clima aziendale dove il focus principale sia la soddisfazione del personale, impatti positivamente sui risultati dell’impresa. Se un collaboratore percepisce attorno a sé un’atmosfera dove c’è fiducia, supporto, rispetto della persona, certamente darà risultati migliori”.

Il problema è quindi culturale? Quanto tempo potrebbe essere necessario per cambiare veramente le cose?

“Quello che spesso verifichiamo è che si parla molto di benessere in azienda, ma poi ci si scontra con realtà che per motivi diversi faticano nell’applicazione. Il motivo è che il management per cultura e abitudini, spesso vede queste attività come effimere e non pensa siano propedeutiche a un vero cambiamento. Credo che questo sia un cambiamento epocale e, come spesso accade in questi casi, ci vuole tempo per metabolizzare il tutto e per vedere una reale svolta. C’è bisogno di una formazione, di un diverso stile di leadership. C’è bisogno di liberarsi di quelle abitudini e quelle consuetudini che hanno condizionato il modus operandi fino ad oggi. Per ottenere un risultato significativo sono convinto che siano importanti il confronto e le esperienze. In questo senso, continuare a discutere e tenere alta l’attenzione su questi temi è fondamentale perché l’applicazione diventi nel tempo un po’ più democratica”.