Lavoro buono e successo sostenibile, quali i comportamenti virtuosi da perseguire in azienda?
Il commento alle ricerca di Deloitte

work life balance

Quando un lavoro può definirsi buono? Quali gli elementi che lo caratterizzano come tale? Come possono le aziende costruire un pool di talenti e mantenerlo? Le aziende devono evolvere il proprio approccio alla gestione delle risorse umane mettendo al centro la sostenibilità, non solo ambientale, ma anche economica e soprattutto sociale e “umana”. Ne parliamo con Lorenzo Bassi, Partner di Carter & Benson.

In una recente ricerca di Deloitte dal titolo Il cittadino consapevole: comportamenti virtuosi in azienda per raggiungere un successo sostenibile”, emerge che il 47% degli italiani sceglie aziende che garantiscono un maggior equilibrio tra vita lavorativa e privata attraverso un modello organizzativo più agile e flessibile. Mentre il 46% delle persone dichiara l’importanza di percepire un trattamento economico adeguato al contributo apportato al raggiungimento degli obiettivi sostenibili dell’azienda e proporzionato a uno stile di vita sempre più consapevole.

La nostra esperienza sul campo ci dice che oggi le persone sono più consce del fatto che sia fondamentale essere appagati da un punto di vista professionale ma anche personale e questo significa che, per arrivare a questo obiettivo, per molti sia necessario uscire dalla propria zona di comfort, superare i propri limiti, abbandonare quelle realtà che non permettono di essere sé stessi e cercare contesti che invece possono garantire la possibilità di esprimersi al meglio nell’ottica della work life integration. Un concetto questo, sul quale chi nelle aziende si occupa di risorse umane dovrebbe puntare. A maggior ragione in questo periodo in cui  la società si sta trasformando profondamente e nell’affrontare questo cambiamento, molti si trovano a compiere scelte azzardate e imprevedibili pur di salvaguardare il loro “sentirsi bene”.

Non sempre però le imprese sono pronte a questo cambio culturale e, in diversi casi, abbiamo riscontrato che quello che era un modello di flessibilità adottato per necessità nel periodo Covid, sta tornando ad essere un semplice lavoro da remoto, con tutti gli aspetti negativi che questa modalità porta con sé. In alcuni casi addirittura si scade in uno smart working male interpretato, nel quale le persone sono costrette a un surplus di ore di lavoro.

Il cambio culturale coinvolge l’organizzazione a tutti i livelli e implica far proprio il concetto di lavorare per obiettivi, nel quale l’obiettivo non è il solo raggiungimento del risultato ma come si raggiunge quel risultato. Laddove è importante arrivarci  in maniera etica e sostenibile, valorizzando il team e contribuendo a dar vita ad un ambiente di lavoro positivo e accogliente nel quale ci sia maggior equilibrio e quindi più tranquillità, più flessibilità e più libertà per tutti. Così facendo si possono anche creare delle efficienze che vanno a vantaggio dell’organizzazione e anche della produttività. Un aspetto, quello della produttività, che però non può essere la misura per valutare azioni di welfare.

Quando si parla di cambio culturale non si può non pensare anche al problema del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro che oggi, se guardiamo la realtà e il contesto socio economico, suona un po’ obsoleto. Un contratto ancorato a permessi retributivi, “ferie dal al”, a orari di entrata e uscita o di pausa pranzo, non è più adeguato e crea abitudini e concetti anacronistici. Questo dimostra la necessità di un adattamento della contrattualistica a questi nuovi trend.

Diverso è il tema della sostenibilità ambientale. Anche se, sempre da questa ricerca, il 64% degli intervistati dichiara di lavorare più volentieri nelle aziende con impatto ambientale positivo, la realtà che noi osserviamo è che spesso vince l’offerta più interessante dal punto di vista economico e non l’azienda più o meno green. Probabilmente con il cuore la scelta cadrebbe su un’azienda rispettosa dell’ambiente, ma razionalmente, far fronte a un costo della vita sempre più oneroso, induce i candidati a propendere per lo stipendio più alto.

Definire un “buon lavoro”, oggi, è complesso. Significa riuscire a rendere concreti i progetti che guardano alla salute, alla sicurezza e al benessere di ogni dipendente e rendere il lavoro stesso un elemento fondamentale per la creazione di un contesto sostenibile. Infatti, è solo impegnandosi a risolvere le molte sfaccettature della sostenibilità che le aziende potranno attrarre e trattenere i talenti e ottenere effettivi benefici in termini di crescita e reputation.