Donne e inclusione

Donne e Inclusione

Inclusione. Uno dei principi che permea la responsabilità sociale d’impresa. L’attenzione alle esigenze del singolo aumenta il benessere e la qualità dell’interazione personale, creando le condizioni per una migliore collaborazione e liberando il potenziale dell’individuo. Un ambiente di lavoro basato sulle pari opportunità è un ottimo punto di partenza per l’attraction e la retention delle risorse con ricadute positive anche sui risultati di business delle imprese. Ma esistono ancora tante problematiche da superare per rendere più pervasivo e concreto il concetto di inclusività sia da parte delle aziende, ma soprattutto da parte del sistema Paese, e le donne, sono le prime a pagarne il prezzo. Ne parliamo con Simona Cremascoli Senior Partner di Carter & Benson e Member of Board di IMD International Search Group e Chiara Arosio Partner di Carter & Benson.

Chiara Arosio – Quando si parla di pari opportunità si pensa in modo prioritario al mondo femminile. Nelle aziende c’è un gran bisogno di far crescere la cultura gender equality. L’occupazione femminile, infatti, si blocca da anni intorno al 50%, con un gap rispetto a quella maschile che continua a oscillare tra il 15 e il 18%. Se poi si parla di posizioni apicali, le donne CEO nelle aziende quotate rappresentano appena il 3%.

In Italia abbiamo un tessuto aziendale composto da realtà medio piccole che impiegano più dell’80% dei lavoratori. Ed è proprio in queste realtà che ci accorgiamo ci siano ancora molte resistenze che impediscono alle donne di crescere o di entrare nell’organigramma con ruoli importanti. Questo succede più facilmente nella fascia tra i 25 e i 40 anni, ovvero il periodo della vita in cui è molto probabile che la donna affronti una maternità. In età più matura, molto spesso, invece, è la donna che si dà un limite o fa un passo indietro perché costretta da una gestione familiare (figli, nonni, quotidianità) che pesa tutta sulle sue spalle.

Simona Cremascoli – Tra le PMI sono ancora molte quelle che negano la possibilità di smart working e lavoro flessibile. In questo modo escludono tutta quella fascia di popolazione che per situazioni contingenti si trova ad essere in una condizione di caregiver.

Diversa è la situazione nelle grandi imprese o nelle multinazionali dove vengono più facilmente adottate politiche di welfare e di gender equality per agevolare i propri dipendenti (asili nido in azienda, smart working, flessibilità negli orari, contributi per assistenza sanitaria…) e questo le rende molto attrattive soprattutto per le nuove generazioni.

Chiara Arosio – In questo panorama in continua evoluzione è più che mai importante che sotto l’aspetto manageriale ci sia una miglior comprensione dei bisogni dei propri dipendenti e una gestione dei team che sia meno legata ad orari e obblighi, ma più a flessibilità e consapevolezza, sempre nell’performance e risultati da ottenere. Soprattutto se si parla di donne a cui è notoriamente richiesta una maggior attenzione ai bisogni della famiglia e dei figli e quindi una maggiore necessità a come, non senza difficoltà, far combaciare orari e attività che esulano dagli impegni dell’ufficio. A volte basterebbe apportare qualche miglioria organizzativa per far sì che una madre lavoratrice possa far fronte ad una buona gestione degli impegni lavorativi e familiari. Riuscire a costruire un progetto di sintesi tra bisogni e aspettative, competenze e attitudini, far crescere in azienda il concetto di inclusione può senz’altro fare la differenza su rendimento e risultati.

Simona Cremascoli – Il mondo sta cambiando. Il periodo del Covid, in particolare, può essere considerato a tutti gli effetti lo spartiacque. Ha evidenziato quanto sia importante il benessere delle persone, quanto sia necessario avere tempo da dedicare ai propri impegni familiari, ai propri affetti e alle passioni, quanto le relazioni siano fondamentali e come si possano gestire anche in modi diversi. Ha messo in luce come la divisione dei compiti a livello familiare non debba più essere solo a carico della donna. L’uomo nella famiglia moderna è chiamato a contribuire a tutti gli effetti. Tuttavia nel “bailamme” di quanto si deve fare tutti i giorni -portare i bambini a scuola e poi correre in ufficio, andare ai colloqui degli insegnanti, passare in ospedale a far visita a un proprio caro, seguire una persona anziana, fare la spesa, avere tempo da dedicare a sé stessi- raggiungere un punto di equilibrio senza situazioni di stress o svantaggi è complicato.

Nelle ricerche che effettuiamo per le aziende poniamo molta attenzione alle pari opportunità, non solo perché è giusto, ma perché non vediamo un altro modo di far crescere un’azienda. Ed è chiaro che serva uno shift mentale, che l’atteggiamento di imprese e management debba essere più flessibile, disponibile a comprendere le esigenze dei dipendenti e a trovare soluzioni che guardino verso benessere e felicità. Ovvio che da parte del lavoratore, oltre alle competenze, ci debba essere grande senso di responsabilità. Ma quando le due parti si trovano, si compie l’alchimia e quello che succede è estremamente interessante in termini di fedeltà all’azienda, qualità del lavoro e risultati di business.

Chiara Arosio – Ma c’è un altro problema fondamentale e qui dobbiamo uscire dal contesto aziendale e guardare al sistema Paese. Oggi, infatti, sempre più donne sono chiamate a fare scelte dettate non dalla propria volontà ma dalla mancanza di un welfare adeguato. I servizi disponibili nella società attuale non rispondono ai reali bisogni delle donne e delle famiglie in generale. Spesso gli asili nido sono troppo cari o non garantiscono una copertura oraria sufficiente per chi lavora, così accade anche per coloro che si trovano a dover accudire un genitore anziano o a dover assentarsi dal lavoro per motivi familiari. Ci si aspetta troppo dalle aziende, ma a mio avviso è la società che deve mettere in campo più concretamente risorse e alternative valide per permettere una vera conciliazione tra lavoro e famiglia. Il mondo cambia così come le esigenze di chi lavora, ma la realtà non è allineata a questi bisogni.

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foto di copertina: credits freepik