Gender pay gap: arriva una legge UE per la trasparenza salariale

Quando andrà in vigore in Italia la legge sulla trasparenza salariale?
Come si dovranno comportare i datori di lavoro, come dovranno essere resi pubblici i salari dei propri dipendenti?

Quesiti e domande a cui i manager dovranno rispondere entro tre anni quando, entro il 7 giugno 2026 la Direttiva (UE) n.2023/970,  pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 17 maggio 2023 – volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, attraverso una trasparenza retributiva – dovrà essere messa in pratica e gli Stati membri dell’Unione dovranno emettere disposizioni legislative, regolamentari e amministrative.

Ne parliamo con William Griffini, CEO di Carter & Benson.

Lo scenario

Il divario retributivo tra uomo e donna nei Paesi membri dell’Unione Europea – come si legge nella direttiva (UE) 2023/970 si è attestato al 13% nel 2020 e negli ultimi scenari si è ridotto solo in misura minima. Il divario retributivo di genere è in parte dovuto alla discriminazione retributiva basata sul genere, sia diretta sia indiretta. In Italia, secondo gli ultimi dati Eurostat (aggiornati al 2021) il gender pay gap si attesta in media al 5% a favore degli uomini, nei 27 paesi UE, si arriva al 12,7 %. I dati sono calcolati su base annuale ed espressi con valori percentuali. Questi numeri vengono rilevati da una survey alla quale partecipano solo le aziende con più di 10 dipendenti, escludendo una larga fetta dell’occupazione Italiana.

Per quanto riguarda i professionisti, invece, secondo i dati OECD in Italia il divario salariale di genere relativo al reddito medio annuo da lavoro autonomo tocca il 45%.

Le nuove regole

In uno scenario in cui c’è ancora molto da fare nell’ottica di una parità salariale tra uomo e donna, arriva in soccorso la Direttiva (UE) 2023/970 che ha la finalità di rafforzare l’applicazione del principio di azzeramento del gender pay gap, attraverso norme di trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione. In termini più pratici i lavoratori, a parità di condizioni, dovranno ricevere la stessa retribuzione e in merito a questo dovrà essere garantita un’informazione che dimostri questo. La direttiva si rivolge a tutti i datori di lavoro, sia privati sia pubblici e a tutti coloro che hanno un rapporto lavorativo definito dal diritto. Un altro punto importante sottolineato sarà l’imposizione della trasparenza retributiva prima dell’assunzione. I livelli retributivi, secondo quanto scritto nella normativa, dovrebbero essere espressi come retribuzione lorda annua e la corrispondente retribuzione oraria lorda. In Italia potranno essere esonerati i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti, inoltre i lavoratori potranno richiedere per iscritto le informazioni riguardanti il proprio livello retributivo, quello medio dei colleghi e delle categorie che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Nel caso in cui un lavoratore abbia subito un danno a seguito della violazione di un diritto o di un obbligo legato al principio di parità retributiva può richiedere e ad ottenere un risarcimento. Ai fini della Direttiva la legge che andrà in vigore in ogni Paese dovrà prevedere che i datori di lavoro forniscano le informazioni relative alle loro organizzazioni relativamente al divario retributivo di genere, al divario retributivo di genere nelle componenti complementari o variabili, al divario retributivo mediano di genere, al divario retributivo mediano di genere nelle componenti complementari o variabili, alla percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ogni quartile retributivo e al divario retributivo di genere per categorie di lavoratori, ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili. Nel caso di aziende con meno di 250 lavoratori la scadenza per la resa pubblica di queste informazioni sarà il 7 giugno 2027 e, successivamente, ogni anno, per le organizzazione tra i 150 e i 249 lavoratori sarà entro il 7 giugno 2027 e, successivamente ogni 3 anni, e per le aziende tra i 100 e i 149 lavoratori, entro il 7 giugno 2027 e, successivamente, ogni 3 anni.

“Nonostante si stia parlando di una direttiva, non credo sia un aspetto banale da gestire per un imprenditore, la questione salariale è da sempre un grande elemento di discordia nelle organizzazioni e lo stipendio di un collaboratore dovrebbe essere dettato dalle evidenti capacità e non da altre ragioni – commenta William Griffini, CEO di Carter & Benson -. In generale questa direttiva obbliga una presa di coscienza delle azioni fatte a livello manageriale e non solo dal punto di vista del gender. Va capito prima di tutto che nelle aziende lavorano persone e non numeri. La persona in quanto tale va rispettata a prescindere da leggi e normative. Le scelte delle aziende dovrebbero essere sempre più concentrate al benessere dei dipendenti e alla capacità di creare team di persone che si distinguano per competenze e professionalità, capaci di aggiornarsi sempre e di stare al passo con un mondo del lavoro che cambia repentinamente. Sulla questione di genere è ormai arrivato il momento di cancellare i bias e garantire un’equità salariale favorendo l’inclusione e accettando come valori le diversità. Sono temi di cui si parla da tempo, ma è stato fatto troppo poco, ora è sempre più necessario rivedere i modelli di leadership e di gestione delle organizzazioni”.