Management by Culture

Oggi, le condizioni storico-sociali e i bisogni individuali sono diversi da quelli del passato ed è necessario progettare aziende che sappiano essere luoghi di benessere e rinnovamento culturale. Gestire un’organizzazione significa ottimizzare la comunicazione, partecipare, coinvolgere, permettere al singolo di esprimere il suo essere e contribuire ad una cultura dinamica capace di muovere le relazioni tra le persone che, in questo modo, diventano l’organizzazione stessa. È così che si crea l’humus per far scaturire performance sostenibili e ripetibili, crescita sociale e innovazione.
La sfida è passare dal modello di management by objective a quello di management by culture come spiegano Roberta Gandini Corporate Coaching e Simona Cremascoli Partner di Carter & Benson.

“Che cosa ti porta da un Corporate Coach?” “È che non riesco più ad esprimermi, sembra quasi che le mie competenze, acquisite negli anni, siano diventate ingombranti. Ecco, forse, il mio problema è di voler pensare rispetto a quello che faccio, voler decidere sulla base dell’esperienza che ho, per il bene dell’azienda. Questo non interessa più, serve solo che esegua le procedure in essere, che interpreti un copione scritto da altri. Mi sento in gabbia”
Queste sono le domande e i dubbi che oggi, sempre più spesso, si pongono i manager. Ma quali sono le cause scatenanti?

Roberta Gandini – Le società di ricerca sulla motivazione in azienda ci indicano, da anni ormai, come più del 70% dei lavoratori non si consideri abbastanza coinvolto, che si senta come “spegnersi” al lavoro perché le proprie competenze non vengono utilizzate e si trovi in una condizione in cui avverte mancanza di creatività, flessibilità ed autonomia.

Studi scientifici sul potenziale umano e sulle condizioni che permettono di esprimersi al meglio, ci fanno leggere molto bene quali siano le cause culturali, organizzative e relazionali del fenomeno sopra descritto. L’elemento costitutivo di ognuno di noi, che oggi, manca, nella gran parte delle aziende, è la libertà, ovvero la discrezionalità di determinare la propria performance e incidere nel contesto attraverso un’elaborazione ingegnosa e creativa di chi siamo, cosa sappiamo fare e come lo vorremmo mettere in pratica.

La maggior parte dei modelli organizzativi che ritroviamo, quotidianamente, nelle nostre imprese, nascevano, ormai qualche decennio fa, in risposta a contesti storico-sociali e bisogni individuali, radicalmente diversi da quelli attuali. Eppure restiamo vittime di una certa inerzia organizzativa. Quasi che, le organizzazioni, prodotti squisitamente umani volti alla crescita, ad un certo punto, inizino a vivere di una vita propria, governando quell’ingegno che le ha create e ponendo una resistenza strutturale all’evolversi.

In un contesto di questo tipo quali possono essere le strade da percorrere per ritrovare la giusta motivazione?

Simona Cremascoli – Non possiamo più ignorare l’inadeguatezza di questo modo di fare impresa, nei contesti attuali, al garantire benessere individuale e collettivo da cui far scaturire performance sostenibili e ripetibili, crescita sociale e innovazione.
Sarà dall’immaginare e progettare aziende che sappiano essere luoghi di benessere e rinnovamento culturale, che scaturirà innovazione industriale e sociale.

Quello che facciamo con i nostri interventi di Corporate Coaching è proprio questo, allenare culture d’impresa in cui a muovere le persone sia un principio di libertà, di creatività originato dalla consonanza con i valori del contesto e basato sulla competenza invece che di stretta adesione a ruoli e procedure standardizzate. Trasformiamo il potere ed il controllo puntuale e, a volte ossessivo, in spazio di interpretazione, sperimentazione e autonomia.

Mettere le persone al centro, o meglio ancora mettere le relazioni fra le persone al centro della cultura d’impresa, significa, lontano da slogan stereotipati ed abusati, architettare deliberatamente condizioni organizzative pratiche favorevoli all’espressione del meglio di sé nella relazione con il contesto e con gli altri ed allenare, continuamente, al talento, inteso come espressione eccellente dell’ingegno e della creatività umana.

Ma questa esigenza è un fenomeno italiano oppure si estende globalmente?

Simona Cremascoli – Da anni Carter & Benson è partner del network IMD International Search Group, un’organizzazione di selezione globale tra le Top 20 nel mondo, della quale sono membro del board. Essere parte di questo network, che ha una presenza capillare a livello worldwide, ci permette di rispondere meglio a tutte le richieste di ricerca di Top Manager avendo accesso ai migliori talenti che operano nell’economia globale. Ma non solo, in questo modo possiamo avvalerci di un osservatorio previlegiato sul mondo HR e individuare più facilmente nuove esigenze e tendenze.

Tornando al tema oggetto di questo approfondimento, il traghettamento da un modello di management by objective al modello di management by culture è talmente importante nell’ottica evolutiva delle imprese che, come IMD International Search Group, abbiamo creato una rete di coach specializzati.

Questo tipo di cambiamento richiede una certa disponibilità all’innovazione di pensiero e non solo. Quali sono gli scenari che potrebbero aprirsi?

Roberta Gandini – Quando l’organizzazione si muove a partire da una certa cultura, adotta un paradigma di creatività e ingegnosità individuale e collettiva che grazie alle relazioni e nelle relazioni diventa organizzazione, processi, azioni e strumenti.
Quando l’organizzazione si muove sulla base di procedure, processi e strumenti, adotta un paradigma di controllo e limitazione che diventa chiusura mentale, ripetizione standardizzata ed inerzia.

Gestire un’organizzazione significa comunicare, far vivere e far contribuire ad una cultura dinamica, che è un modo di pensare che muove le relazioni fra le persone e che diventano l’organizzazione stessa. La comunanza di pensiero, l’essere la cultura d’impresa, muove l’organizzazione al posto dell’organizzazione, delle procedure e delle regole. Il controllo decade, la creatività e l’ingegno orchestrano.

Questo tipo di cultura è l’espressione massima di un sistema di leadership positivo che ha abbandonato il controllo e ha fatto suo il potere generativo di altro potere, non la sua eliminazione come peraltro abbiamo visto in tanta parte dei modelli organizzativi emersi negli ultimi anni come innovativi.

Ecco quale sarà la sfida avanti di tanta parte delle aziende, passare da un modello di management by objective ad uno di management by culture, dalla ripetitività e controllo alla autonomia, interpretazione e creatività. Ecco che allora lo smart-working non ci farà più paura, ma sarà solo uno strumento come altri per creare.

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